Un avviso pubblico della Regione Campania, datato 30 settembre 2025 e approvato con Decreto Dirigenziale n. 1/2025, avrebbe riacceso l’attenzione sul tema – mai del tutto risolto – della trasparenza e dell’imparzialità nelle nomine dei vertici delle società regionali in house.
Al centro, la Scabec S.p.A., la società interamente partecipata dalla Regione e definita “braccio operativo” per la valorizzazione dei beni e delle attività culturali.
L’avviso, pubblicato per la selezione di candidati idonei alla nomina di Direttore Generale, prevede una procedura comparativa per soli titoli. Nessun colloquio, nessuna prova orale, nessun confronto diretto con una commissione: soltanto una tabella di autovalutazione compilata dai candidati e verificata, si legge, “a campione”.
Una scelta che, pur non vietata, potrebbe suscitare più di una perplessità. Come si può davvero valutare la capacità gestionale, la leadership, la visione strategica di una figura chiamata a dirigere una società regionale complessa, basandosi solo su carte, punteggi e dichiarazioni?
Un altro elemento che farebbe discutere è la tempistica. I candidati avrebbero avuto a disposizione appena sette giorni – dal 30 settembre al 6 ottobre – per presentare la domanda. Pochi, forse troppo pochi, per una selezione di livello dirigenziale destinata a coprire un ruolo apicale nel sistema culturale campano.
Il procedimento è gestito interamente dall’Ufficio Speciale Controlli della Regione Campania. È questo ufficio a emanare il bando, verificare le domande, formare la graduatoria e trasmettere al Presidente della Giunta regionale la “rosa” dei nomi da cui dovrà scaturire la designazione finale.
Un meccanismo che, seppur formalmente corretto, potrebbe apparire poco bilanciato sul piano della separazione delle funzioni: chi prepara la graduatoria e chi sovrintende all’intera procedura farebbe parte della stessa struttura amministrativa. Una concentrazione di poteri che, almeno sul piano teorico, potrebbe non rispondere appieno al principio di terzietà.
La norma statutaria della Scabec prevede che la nomina del Direttore Generale spetti all’Assemblea dei soci, su designazione del Presidente della Giunta regionale. In pratica, la decisione finale resterebbe fortemente discrezionale. E qui sorge un’altra domanda: se la selezione è per soli titoli, e se il Presidente può scegliere liberamente all’interno della rosa, che peso reale avrà la graduatoria redatta dall’Ufficio Speciale?
Un aspetto non trascurabile riguarda anche la retribuzione. Il bando indica un compenso “commisurato a quello di un dirigente di settore della Giunta Regionale”, con un’indennità di risultato fino al 30%. Nessun importo preciso, nessuna griglia retributiva, nessun riferimento a tabelle economiche: elementi che potrebbero sollevare dubbi sulla trasparenza complessiva del trattamento economico, in un contesto in cui il D.Lgs. 175/2016 impone criteri chiari e pubblici per i vertici delle società partecipate.
Ma il vero nodo di fondo potrebbe essere un altro: il controllo analogo.
La Scabec è formalmente una società in house della Regione Campania, il che significa che l’ente pubblico dovrebbe esercitare un controllo gestionale analogo a quello esercitato sui propri servizi interni. In teoria, la Regione dovrebbe approvare i piani, vigilare sugli atti fondamentali, monitorare le spese e gli indirizzi strategici.
In pratica, però, ci si chiede se questo controllo sia davvero esercitato in modo pieno, continuativo e sostanziale, come richiede l’articolo 7 del D.Lgs. 175/2016.
L’interrogativo non è di poco conto, perché dal controllo analogo dipende la legittimità stessa del modello in house: senza un’effettiva vigilanza pubblica, il rischio è che le società partecipate agiscano come soggetti di diritto privato solo formalmente collegati alla Regione, ma di fatto autonomi e scarsamente controllati.
In questa prospettiva, sarebbe forse utile – e opportuno – un approfondimento da parte degli organismi di vigilanza competenti, in particolare dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), che negli ultimi anni ha più volte richiamato le Regioni e gli enti locali alla piena applicazione delle Linee guida in materia di nomine, trasparenza e controllo delle società in house.
L’ANAC, del resto, non sarebbe nuova a simili verifiche: in più occasioni ha segnalato come la trasparenza non si esaurisca con la pubblicazione di un bando, ma richieda la tracciabilità delle scelte, la motivazione degli incarichi e la verifica dell’effettivo esercizio del controllo pubblico.
Naturalmente, ogni valutazione di merito spetta agli organi preposti e nessuno mette in discussione la correttezza formale degli atti adottati. Tuttavia, la vicenda della Scabec potrebbe rappresentare un caso emblematico per riflettere su un tema più ampio: la tenuta del sistema di governance delle società regionali, la loro coerenza con i principi di buon andamento e imparzialità, e la necessità di garantire, anche nelle procedure più urgenti, un’effettiva parità di accesso, chiarezza e responsabilità nelle scelte.
La trasparenza, in fondo, non è solo un adempimento: è il primo antidoto contro l’opacità, e il modo più semplice per rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

