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ASCCCA Cava-Costa d’Amalfi, quando la cronaca diventa propaganda

 

A leggere gli articoli pubblicati in questi giorni dal pubblicista Francesco Romanelli sul quotidiano La Città, sembrerebbe che l’Azienda Speciale Consortile Cava–Costa d’Amalfi sia ormai un modello di efficienza, condiviso e in piena salute. Peccato che la realtà sia, ancora una volta, un po’ diversa. Anzi, diametralmente opposta.

Romanelli, ormai cronista fisso delle dichiarazioni del sindaco Servalli, evita con cura certosina di affrontare la questione nel merito amministrativo — quello vero, fatto di atti, pareri, norme e responsabilità — preferendo il registro narrativo della “favola del buon governo” che, puntualmente, si infrange al primo riscontro documentale.

Il punto è semplice: l’ASCCCA nasce con vizi d’origine già evidenziati da diversi Comuni della Costiera e da tecnici qualificati. Non si tratta di un dibattito politico — come qualcuno tenta di far credere — ma di questioni di legittimità, di contabilità pubblica e di corretta applicazione delle norme regionali e statutarie. E quando le regole vengono piegate per far quadrare equilibri personali o assetti di potere, non basta un titolo di giornale per cambiare la realtà dei fatti.

Nel suo ultimo articolo, Servalli, ormai a corto di argomenti tecnici, sceglie di chiudere con un attacco diretto: “Ci chiediamo perché due Comuni, entrambi guidati dal centro-destra, stiano bloccando la partenza, producendo danni notevoli di cui si assumono la responsabilità.” Una frase che dice tutto. Quando non si hanno più carte amministrative da giocare, si butta tutto sul piano politico. Una mossa vecchia come il mondo (Il sindaco di Cava poi è molto bravo a “galleggiare” e in questi anni lo ha dimostrato bene), ma che in Costiera Amalfitana fa sorridere: perché le amministrazioni della Costa sono civiche, fatte di cittadini che amministrano per la loro comunità, non per partiti o bandiere.

Non ci sono “blocchi politici”, ma solo la volontà di fare chiarezza, di rispettare la legge e di garantire la corretta gestione di risorse pubbliche destinate alle famiglie, ai minori, agli anziani e ai soggetti fragili.

D’altro canto, quando un pubblicista decide di essere megafono e non lente d’ingrandimento, il risultato è questo: un racconto parziale, monodirezionale, che ignora le domande più scomode.

Per esempio:

Perché lo statuto dell’Azienda è stato approvato in difformità dalla normativa regionale?

Perché non è stato mai approvato un fondo di dotazione congruo e sostenibile?

Perché si è proceduto senza i necessari pareri tecnico-contabili previsti dal TUEL?

– E soprattutto, perché chi solleva queste questioni viene accusato di “ostruzionismo politico”?

La vera informazione dovrebbe aiutare i cittadini a capire, non a confondersi. E la vera politica dovrebbe rispondere nel merito, non con slogan.

Se qualcuno oggi si sente “assediato”, forse è perché la narrazione si è scontrata con la realtà dei fatti. E quando la verità amministrativa bussa alla porta, neppure il miglior articolo “su commissione” può tenerla fuori.

Naturalmente, questa attitudine di alcuni pubblicisti non può e non deve gettare ombre su un’intera categoria. Il giornalismo vero resta un pilastro della democrazia, e chi fa il proprio mestiere con serietà, rigore e indipendenza merita rispetto. Ma quando qualcuno, anziché informare, sceglie di fare propaganda, non solo perde credibilità personale, ma mina la credibilità stessa della categoria. Oggi, con i social network, con i video, con i canali diretti che mettono quotidianamente in contatto amministrazioni e cittadini, la verità viene a galla da sola. E chi tenta di nasconderla o di deformarla finisce inevitabilmente per essere smentito dai fatti. Perché la fiducia — quella vera — non si costruisce con i titoli dei giornali, ma con la trasparenza, la coerenza e il rispetto dell’intelligenza dei cittadini.

A oggi é 4 ottobre San Francesco, auguri a Francesco Romanelli.

enciuccio servalli